Categoria: Mediazione civile e commerciale

Come lavoro e perchè

Credo profondamente che in tutte le esperienze individuali ci sia qualcosa di comune e che se questo qualcosa viene condiviso, il bene comune aumenta così come la consapevolezza reciproca.

Approfondisco lo studio del funzionamento e delle competenze necessarie all’uso e diffusione degli strumenti di risoluzione alternativa ai conflitti secondo la teoria avanzata della visione sistemica promossa dal fisico e teorico della Systems View of Life di Fritjof Capra. 

Il conflitto fa parte della comunicazione e servono persone che non ne abbiano paura. Aiuto le persone a divenire consapevoli di cosa impedisce il naturale fluire delle relazioni personali e professionali e a rinvenire accordi efficaci nel tempo.

Lavoro per il supporto delle relazioni, la creazione di valore attraverso l’implementazione delle competenze trasversali, la gestione e prevenzione del conflitto famigliare e aziendale, senza perdere di vista l’ambito legale-giuridico.

L’incarico che ricevo si svolge al fianco di chi vuole ricevere aiuto per gestire le relazioni personali e commerciali, e gli eventuali conflitti da negoziare o rinegoziare, in situazioni complesse tipo organizzativo, professionale o personale.


La visione sistemica della complessità insegna che i sistemi complessi – il singolo individuo come l’azienda – sono organismi viventi, che evolvono costantemente in modi imprevedibili in ragione della molteplicità dei fattori implicati; ciò nonostante, è possibile guardare alle direzioni cui tendono queste organizzazioni e aggiornare il contesto, stando al passo con la loro evoluzione lasciando perdere la oramai sopravvalutata necessità e presunzione di trovare soluzioni per sempre adatte a risolvere e gestire le situazioni complesse.

Accordi di interdipendenza Generativi

Ho partecipato, di recente, ad un incontro organizzato da Benefit Innovation e ManagerItalia in tema di ADIG – Accordi di Interdipendenza Generativi.

Ho ascoltato con grande interesse le esposizioni degli organizzatori e intervistati, tra i quali Manuela Pagani e Paolo Fedi di Benefit Innovation, Marinella de Simone e Dario Simoncini del Complexity Institute, fortemente e brillantemente incentrate sulla necessità di diventare consapevoli della nostra interdipendenza, per intessere e sviluppare relazioni personali e commerciali al servizio del bene comune.

L’accordo di interdipendenza generativo, figlio dell’accordo di interdipendenza ideato dall’imprenditore Francesco Mondora, si fonda sulla premessa del riconoscimento della necessità, per non dire l’urgenza, di vedere l’impresa come sistema vivente e affiancare, allo scopo di profitto, con pari intenzione, lo scopo di contribuire al bene comune e la disponibilità reciproca a fare impresa in questa direzione.

La negoziazione dell’accordo avviene quindi con la chiara previsione dell’assunzione, da una parte, di una obbligo una fornitura/acquisto di beni o servizi verso l’impegno, dall’altra, al miglioramento della propria filiera di produzione in ottica sostenibile, alla partecipazione a momenti formativi sul tema del bene comune e, infine, alla conclusione di almeno un altro accordo generativo con altro soggetto.

Questa catena di valore è generativa perchè dall’incontro della volontà di due parti emerge, come bene indipendente e interdipendente un sano e saldo impegno commerciale che volutamente si pone come parallelo al business as usual.

La responsabilità sociale, quindi, diventa da fattore di crescita reciproca verso l’interno e contemporaneamente una leva per il miglioramento verso l’esterno: un rinnovo continuo e potenzialmente infinito.

Gli accordi generativi si pongono perfettamente in linea con l’approccio sistemico che promuove l’analisi dei principali temi sulla sostenibilità ambientale, sociale ed economica, proponendo soluzioni su più piani: a problemi interdipendenti, vengono create soluzioni interdipendenti.

Viene così valorizzata l’innata capacità di impresa creativa dell’essere umano consapevole dell’importanza di comprendere la complessità del contesto in cui opera.

L’innesco di consapevolezza e del contesto è fondamentale se vogliamo creare, o generare, un impatto sociale efficace e duraturo nel tempo.

Si pone una grande sfida per tutti i professionisti e imprenditori sul tema della sostenibilità che non può più essere ignorata o solo guardata, ma deve essere riempita di contenuti e azioni concrete di valore, come tante stelle che brillano nel cielo solo se accese insieme.

A presto con nuovi sviluppi sul tema.

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Accordi generativi

Confrontarsi con la realtà sociale, sia che si tratti di una relazione commerciale tra due soggetti, che della stipula di un contratto progetto di sviluppo territoriale, ci offre la possibilità di sperimentare concretamente il grado di consapevolezza delle parti coinvolte nella relazione stessa.

La consapevolezza che qui ci interessa non riguarda l’aspetto tecnico delle conoscenze e competenze di tipo commerciale, giuridico o progettuale che si è chiamati necessariamente a dispiegare sul campo – qualcosa che ha contorni ben definiti, che è normato e codificato, che ha un carattere asettico, prevedibile, abiotico. Riguarda piuttosto le connessioni che mettono in rapporto un attore sociale con l’altro su piani non sempre immediatamente percepibili. Possono essere connessioni che già esistono ma non sono manifeste oppure sono correlazioni potenziali in attesa di uno spazio di possibilità, un enabling environment che offra loro l’opportunità di venire alla luce.

Sviluppare un senso sottile per queste connessioni ci porta a sperimentare la comunità di cui siamo parte come una realtà vivente che reagisce beneficamente a ciò che di intangibile le portiamo incontro.

Il sintonizzarsi di cuori diversi ad una medesima realtà, è l’ac-cordarsi e l’accordo può essere uno strumento per sancire anche formalmente la qualità della relazione già maturata o che si desidera sviluppare assieme.

E’ essenziale tuttavia che tali accordi incarnino innanzitutto il concetto di generatività. Da un punto di vista etimologico, infatti, “la radice latina gen che si trova nel termine “generare” è rinvenibile in tutta una serie di termini quali ‘generosità’, ‘genialità’, ‘genitore’, ‘genesi’, ‘gente’, ‘genuino, ‘originale, ‘ingegno’, e esprime l’idea di qualcosa che ‘viene alla luce’, ‘germoglia’ e che è capace di durare nel tempo lasciando un segno, fino a creare una tradizione (come nel caso di una gentes, cioè di una famiglia)”[1] Lo ius gentium nel diritto romano era il complesso delle norme giuridiche fondate sulla ragione naturale (naturalis ratio) comune a tutti i popoli (gentes) che avevano raggiunto un pari grado di sviluppo. Questo significato antico risuona con la visione sistemica che anima il nostro approccio alla vita in quanto chiave di lettura per sviluppare comportamenti e relativi accordi che siano più adeguati possibile al contesto attuale e, quindi, maggiormente efficaci.

Inoltre, la stessa parola “felicità” deriva dal latino ‘fecundus’ che indica appunto la capacità della vita di generare altra vita. ‘Ciò che è vivo dà frutto’, scriveva Schelling. E per capire se una pianta è viva o morta guardiamo se anche da rami apparentemente secchi riesce a spuntare qualche nuovo germoglio”[2]. Secondo la chiave di lettura offerta dall’approccio sistemico, la natura è immanentemente rigenerativa in quanto eco-sistema fatto di altri sistemi autopoietici e auto-organizzati.

Ancora più espressiva e in risonanza con il nostro approccio è il verbo greco γίγνομαι (gignomai) che può significare “nascere da”, quando regge il genitivo, “essere“, quando sostituisce il relativo ausiliario, ‘far essere, ‘far accadere’ ma anche “diventare”. Da questo verbo deriva il latino –gnosco (‘cognosco’, conosco) e il fratello inglese to know. Il riferimento è quindi alla capacità, tipicamente umana, di mettere al mondo, di creare e di conoscere; tutte azioni che si fanno insieme.

Ben al di là dell’aspetto biologico (il mettere al mondo un figlio) “generare” è espressione di quella energia interna che apre le persone al mondo e agli altri, così da metterle in grado di agire efficacemente e contribuire creativamente a ciò che le circonda. Facendo essere, la generatività ci fa essere, ci fa creare e ci fa anche conoscere perché ci mette in contatto.

La generatività presuppone la capacità di sentire il mondo di interazioni che ci coinvolge e si sostanzia di azioni trasformative che ci rendono le persone capaci di gestire una libertà che non è consumo individualizzato, ma opera inter-relazionale.

La scienza della complessità può insegnarci che come partecipanti a un sistema dinamico complesso il nostro obiettivo deve essere la partecipazione appropriata, non la previsione e il controllo (Goodwin, 1999a). Il modo migliore per imparare a partecipare in modo appropriato è prestare maggiore attenzione alle relazioni e alle interazioni sistemiche, mirare a sostenere la resilienza e la salute dell’intero sistema, favorire la diversità e le ridondanze a scale multiple, e facilitare l’emergere positivo attraverso l’attenzione alla qualità delle connessioni e dei flussi di informazioni nel sistema.

La generatività è dunque un’azione consapevole, diretta a uno scopo liberamente scelto, rispettosa del contesto e aperta al futuro. Una cultura umana rigenerativa è sana, resiliente e adattabile; si prende cura del pianeta e della vita nella consapevolezza che questo è il modo più efficace per creare un futuro prospero per tutta l’umanità.

Diventiamo quindi consapevoli che la collaborazione crea ricchezza e dalla collaborazione emergono idee e azioni che in precedenza non appartenevano individualmente a nessuno: il pensiero emergente è una consapevolezza e conoscenza nuova che con il tempo diventa appartenenza di tutti.

In quest’ottica i sistemi viventi suggeriscono nuovi modi di progettare e innovare nonché creare condizioni che siano ‘conduttrici di vita’. Ci indicano anche e in quale modo si possono concludere accordi efficaci in quanto generativi e rigenerativi.

Accanto alla generatività, acquisisce particolare importanza il concetto di  ecosistemicità nel momento in cui ci volgiamo verso il più grande sistema di relazioni che ci riguarda in quanto siamo tutti interconnessi. Quando parliamo di ecosistemicità ci riferiamo a sistemi aperti, auto-organizzanti ed autopoietici. Questi sistemi sono:

  • formati da una componente abiotica (business as usual) e da una componente biotica (generativa);
  • interconnessi con altri ecosistemi, assieme ai quali formano dei macro-ecosistemi;
  • che tendono a raggiungere e a mantenere nel tempo un equilibrio dinamico e quindi una particolare stabilità evolvente; che reagiscono al cambiamento sollecitato.

L’apprendimento di questi principi consente un approccio che si focalizzi sulle relazioni funzionali e sui processi all’interno degli ecosistemi e che utilizzi pratiche di gestione adattiva.

Ma come enfatizzare e promuovere la generatività e l’approccio ecosistemico attraverso degli accordi generici tra soggetti i più diversi e in contesti del tutto eterogenei?

Ad esempio per:

  • sostenere una mediazione per gestire conflitti personali o commerciali tra individui, gruppi o sistemi connessi;
  • rigenerare una relazione business già esistente incorporandovi una intenzione nuova condivisa tra le parti che superi la relazione attuale;
  • promuovere relazioni tra i diversi attori di un progetto territoriale multi-stakeholder per portare ad evidenza della comunità il capitale intangibile generato;
  • promuovere accordi per la gestione delle pubbliche amministrazioni come scuole e università.

La strada che stiamo seguendo prevede lo sviluppo di un modello di accordo –  che provvisoriamente ha preso il nome di Accordo Generativo – che nella sua struttura sia “contenitore” dei due principali concetti sistemici che informano tutte le derivazioni specifiche – “generatività” ed “ecosistemicità” – e che risulti aperto ad ulteriori estensioni e specializzazioni.

Ad esempio, nella sua forma base, AG è essenzialmente un gentlement agreement che possiede una determinata struttura, ha il valore legale di una lettera d’intenti e offre già a questo livello un template che può essere immediatamente utilizzato.

Da questa forma base possono discendere varie specializzazioni o caratterizzazioni che possono ereditate – tutte o in parte – dalle implementazioni concrete che ne derivano. Ad esempio si possono esplorare ulteriormente le possibilità generative rimanendo all’interno di un gentlement agreement oppure si può desiderare di ‘esportare’ generatività in accordi più cogenti dal punto di vista legale, in veri e propri contratti.

Abbiamo quindi immaginato e co-creato la filogenesi degli AG, includendo e integrando l’aspetto contrattuale strettamente inteso, che pure esiste ed è indissolubilmente legato al fare business, con la finalità di bene comune per andare oltre l’evocazione del principio retorico, oltre i torti e le ragioni, per il bene comune.

Ne è emerso, secondo un processo tipico della complessità, un modello astratto di AG con le sue possibili derivazioni concrete per servire bisogni generativi altrettanto concreti. Riteniamo che non sia possibile individuare a priori tutte le interconnessioni perché crediamo fortemente che per quanto una astrazione sia necessaria, ogni accordo comporta un adattamento al caso concreto.

In conclusione, pur consapevoli che i fenomeni complessi non prevedono ricette o soluzioni che una volta adottate possano garantire sempre l’ottenimento del risultato, siamo consapevoli che una visione di complessità richiede che le strategie di azione e i percorsi di apprendimento vanno rivisti, così come la capacità di stringere accordi commerciali efficaci e duraturi nel tempo.

Vogliamo quindi promuovere scelte soggettive di senso, proiettare l’azione verso il futuro e aggiungere valore sociale. Per queste ragioni, riteniamo che un accordo che contenga questi principi e sia così inteso possa diventare un potente strumento per contribuire a dare voce ai contesti professionali e organizzativi che scelgono di dare valore alle relazioni personali e commerciali e che operano in ottica di un apprendimento continuo co-creato con intelligenza flessibile, che osservano e connettono le cose insieme, aumentano il numero di domande generative, da porsi in ottica ecosistemica.

Francesca Todeschini, Avvocato consulente di gestione dei conflitti in contesti di complessità, Mediatore civile e commerciale, Counselor sistemico.

Aurelio Riccioli, ingegnere informatico, consulente IMO, co-founder della community People R-Evolution.

Bibliografia di riferimento:

Mauro Magatti, suo contributo nel volume “Da Simmel a Baumann La sociologia come scienza della libertà”, Mimesis Edizioni 2020.

Fritjof Capra, “Vita e natura. Una visione sistemica” Aboca Edizioni, 2014.

Link da cui è stata estratta l’etimologia della parola “generatività”:

http://generativita.it/it/generativita/

Sul tema dell’approccio ecosistemico in azione:

https://it.wikipedia.org/wiki/Carta_della_Terra

https://designforsustainability.medium.com/?p=4abb3c78e68b

e Appunti personali dal corso Complexity Management – Executive Master organizzato dal Complexity Institute 2021-2022.

 

 

 

 

 

Riprendere equilibrio con la mediazione

I conflitti, dal mero disagio alle forme di più rilevante incompresione, fanno parte delle relazioni umane.
Si può imparare a stare in relazione conoscendo e comprendendo, anche se non condividendo, le posizioni altrui che nella maggior parte dei casi sono il risultato di convizioni ed esperienze personali piuttosto che di volontà di fare del male all’altro.

Siamo poco abituati ad ascoltarci ed ad ascoltare perchè sovrastati dal bisongo di approvazione personale e di conferma delle personali convinzioni.

Ma sappiamo veramente quali sono le nostre convinzioni personali ? Sappiamo come influiscono nei nostri rapporti personali o lavorativi ? Abbiamo idea di come comunichiamo e (non) ascoltiamo ?

Un buon mediatore è in grado di riaccendere il focus sui bisogni sottesi alle contrapposte posizioni e aiutare le persone a chiarirsi e, nel caso sia possibile, a mantenere relazioni più equilibrate.

Mediare non significa trovare un accordo che accontenti un po’ tutti. Mediare non significa trovare un compromesso. Mediare singifica riuscire a trovare una soluzione che risponda ai diversi bisogni di ciascuno.
Mediare significa considerare la relazione.

Costruire un contratto, un testamento o un patto di famiglia normalmente consiste nell’utilizzare uno strumento che guarda al futuro ma che quando viene messo in pratica si rivolge ad un passato e nel frattempo sono cambiate regole, posizioni e forse interessi reciproci. Cosa può aggiungersi ad un contratto, un testamento o un patto di famiglia nell’ambito del passaggio generazionale che possa maggiormente assicurare un durata effettiva nel tempo ?
Considerare la relazione. La relazione può entrare nel testo commerciale o successorio o negoziale.
Mediare la conclusione di questo tipo di accordi consente di scegliere il tipo di relazione che vogliamo con l’altra parte o con il nostro famigliare anche in futuro e consente di prevedere già la modalità con la quale gestire eventuali disaccordi che dovesserero ulteriorimente insorgere.