Categoria: Relazioni rigenerative in azienda

Buone pratiche sistemiche per relazioni rigenerative

L’approccio sistemico offre una chiave di lettura del funzionamento dei sistemi organizzativi e consente la creazioni di relazioni rigenerative in quanto basate sul modello utilizzato in natura dai sistemi viventi. L’approccio sistemico, in questo senso, diventa una scienza delle relazioni rigenerative.

La comprensione della necessità di un cambiamento di paradigma, da un sistema basato su una crescita quantitativa e degenerativa delle relazioni, a uno fondato sulla crescita qualitativa, passa infatti attraverso le relazioni rigenerative che potrei definire tali in quanto basate sui c.d. indicatori sistemici: complessità, interconnessione e interdipendenza, auto-organizzazione e emergentismo.

Tutti i sistemi viventi sono accomunati dal medesimo funzionamento secondo processi non lineari e una struttura di relazioni a rete: porre l’accento su “processo” e “struttura”, consente di superare la visione dualistica e rinvenire soluzioni efficaci e durature nel tempo rispetto alla gestione delle relazioni, dentro e fuori l’azienda, nonché di pianificare modalità di prevenzione e buone pratiche centrate sulla qualità delle relazioni: perché le proprietà del tutto sono di più delle proprietà delle singole parti.

L’idea che l’essere umano sia imprevedibile, oltre che essere una affermazione non del tutto corretta, è il malinteso di fondo sul quale, consapevolmente o no, sono state costruite numerose teorie e modelli predittivi, con l’intento di fornire risposte al bisogno di dominare e esercitare il potere sull’uomo e sui suoi affari economici, a scapito del benessere sociale.

Organizzazione e controllo non sono la stessa cosa.
Quando si parla cambiamento o riorganizzazione, in realtà più che con il cambiamento, si ha a che fare con gli effetti collaterali di esso, dal momento che si pensa di dover dirigere e gestire le persone per meglio controllarle nell’esecuzione dei compiti loro assegnati.
Focalizzarsi sui processi e sulle strutture consente di usufruire di quel “valore” aggiunto del tutto, che è più della somma delle sue parti. Il conflitto non è semplicemente un fenomeno sociale, ma un fenomeno umano, fatto di processi e reti interconnessi e inseparabili.

Nella gestione dei conflitti secondo la visione sistemica ciò che funziona è che non si punta all’affermazione di principi convalidati in una teoria “da accettarsi per definizione”, ma che si propone un atto di comprensione: è proprio quando si ha comprensione del funzionamento di qualcosa che si ha a che fare con un processo che comporta esperienza rigenerativa.

Con l’effetto di liberare valore da impiegare in altri progetti che possano incrementare la produttività.

Lavorare con la complessità è semplice

 

Scopo, visione, strategia e pianificazione per definire la direzione delle organizzazioni vengono solitamente basati e costruiti su esperienze del passato che non si vogliono ripetere e ipotesi sul futuro che si intende raggiungere: questi approcci possono funzionare bene con questioni di natura lineare, di causa-effetto.
Questi approcci tuttavia non funzionano quando si lavora con strutture e processi organizzati in rete che, per natura, sono complessi e comportano una visione su più piani di interazione.

In questi casi, quando cioè si rende necessario vedere l’interconnessione delle varie decisioni e comparti dell’impresa organizzata, e si intende raggiungere o consolidare obiettivi più efficaci nel tempo, serve guardare ai processi e alle interazioni.

Durante la fase iniziale di questo tipo di lavoro, fatto di anche di analisi e mappatura, può accadere la tentazione di tornare indietro alla visione lineare causa effetto, perché sembra consentire il controllo della situazione. Organizzazione e controllo, però, sono modelli distinti e corrispondo a visioni diverse della vita. Anzi, la seconda, non corrisponde alla realtà della composizione dei sistemi viventi che sono innatamente organizzati in rete e autogeneranti.

Lavorare con la complessità è semplice perché la mappatura della rete, consente di facilitare l’emergere di idee e soluzioni ulteriori, mantenendo costante la possibilità per tutti di partecipare al processo.

Si tratta di una qualità essenziale per la leadership sostenibile come richiesta oggi nei processi che hanno a che fare con la complessità e per quegli imprese che nel proprio statuto costitutivo hanno come obiettivo la sostenibilità sociale e relazionale.

Lavorare con le relazioni/interazioni/interrelazioni dei processi porta a sviluppare una organizzazione efficiente in quanto costantemente partecipata e pronta a gestire l’adattamento continuo alla natura stessa del sistema e alla sua interdipendenza interno/esterno.

In questo senso le organizzazioni sono sistemi viventi autorganizzanti e positivamente sensibili alla condivisione a più livelli, anche quando non tutti i comparti possono partecipare alla decisione finale.

L’organizzazione è costantemente in questo processo di cambiamento: abituarsi a conoscerlo e sentirlo è importante tanto quanto osservare che il solo “dirigere e controllare”, alla lunga, non paga: organizzazione e controllo sono due processi diversi e diverse sono le reazioni delle sistemi viventi a queste modalità.

Condurre il cambiamento nel facilitare la complessità è una sfida attuale che richiede fiducia nelle persone e nelle loro interazioni, sapendo che il lavoro da fare consiste nel preparare il terreno, nell’organizzare il contesto, nel formare le persone.

– Vedere l’organizzazione come un sistema vivente;
– Identificare il cambiamento con il paradigma della leadership sostenibile e con l’aggiornamento dei processi comunicativi;
– Favorire l’intelligenza collettiva;
– Ascoltare e integrare le diverse visioni e fare leva sui conflitti;
– Facilitare l’autorganizzazione e far emergere l’innovazione.

Sono queste alcune delle principali attività della leadership sostenibile che ha compreso che la vita aziendale è organizzata in reti, è innatamente rigenerativa e creativa.

La saggezza del sistema

Non c’è più di un modo per dirlo, ma è facile da dire: il mondo è un sistema complesso, non è fatto da interazioni lineari e regole immutabili ma cambiamenti continui secondo modalità di auto-organizzazione e co-evoluzione che esistono da sempre.

Da questo discende e si crea diversità che rende tutto (e tutti!) più interessante.

Tuttavia, c’è qualcosa dentro di ciascuno che vorrebbe che le cose fossero organizzate su un piano lineare, dritto, con un inizio e una fine, invece che su una linea curva, in parte ricorrente e in parte modificabile: riconoscere l’imprescindibile e umano bisogno di certezza e uniformità apre la visione alla possibilità di vedere che c’è uno spazio interiore (e esteriore) che ha la capacità di sentire che la complessità ci appartiene, che noi siamo il prodotto di sistemi di feedback interdipendenti, che riconosce la bellezza nei fenomeni irregolari e asimmetrici.

È dunque un campo di consapevolezza che portiamo nel campo lavorativo e nelle interazioni personali ed è tempo di accorgerci.

La consapevolezza del sistema ci insegna a restare pronti al cambiamento (e alla sorpresa!) e a considerare come incompleti i modelli mentali e gli strumenti degli attrezzi che usiamo, spesso inconsapevolmente. Ci insegna che esiste l’imprevedibile e, se c’è qualcosa che non sappiamo, il migliore approccio è non pretendere di avere il controllo totale della situazione: mappare ciò che accade, osservarne il funzionamento, ammettere gli errori e condividere le idee e assumersi la responsabilità di cosa muove dentro, prima che fuori.

La saggezza del sistema farà il resto: intervenire ciecamente o con la pretesa della direzione, infatti, blocca l’innata capacità del sistema, e delle relazioni tra i suoi componenti, di auto-generarsi e auto-organizzarsi.

Il sistema apprende e insegna: le buone pratiche si rinforzano da sé, se viste. Essere al servizio del sistema non è un modello che si studia, ma una visione che si apprende sperimentando e ponendo attenzione al campo generato da sé stessi.

Di seguito riporto un esempio di come in una impresa sono stati recepiti e comunicati gli input emersi dalla visione co-costruita e che hanno guidato la progettazione e lo sviluppo di attività concrete di organizzazione e formazione per tutti i portatori di interessi interni e esterni all’azienda.

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