Counseling e attività forense

Counseling e attività forense

Per anni ho convissuto con quella sensazione di non essere veramente d’aiuto per il cliente, con il peso di dover trovare una soluzione a tutti i costi, un risultato che facesse contento il mio cliente e che, in definitiva, potesse farmi definire da questo “un bravo avvocato”. Il senso di ingratitudine che ho sperimentato tutte le volte che un cliente non era contento, solo perché non era possibile ottenere un risultato così come veniva preteso; la scontentezza di una persona, pur difronte alla vittoria processuale; il desiderio di essere d’aiuto e il bisogno -nascosto- di approvazione, hanno provocato, a tratti, sensazione di stress e pesantezza. La soddisfazione per tre cause vinte durava troppo poco rispetto al senso di inadeguatezza per una sola persa.

Non si trattava certo di inadeguatezza professionale, ma di acquisire strumenti per gestire il conflitto personale prima di saper “cosa fare” dal punto di vista giuridico, consapevole che, purtroppo, non sempre la verità sostanziale può corrispondere a quella processuale.

Allora ho capito che qualcosa doveva cambiare, io dovevo, e potevo, cambiare approccio.

Ho sperimentato che per aiutare veramente un cliente era necessario poter instaurare una nuova modalità di relazione: osservazione silenziosa e senza giudizio, senza l’adesione a schemi precostituiti ed al bisogno di approvazione attraverso il rinvenimento di un risultato immediato. Così intesa, la relazione professionale diventa partecipazione autentica, senza confusione di ruoli, di responsabilità e di competenze.

Il cliente che ha un problema ha bisogno di essere ascoltato e aiutato, ma per aiutarlo veramente, sembra quasi un paradosso, è necessario saper come liberarsi dall’obiettivo di aiutarlo a tutti i costi: perché il porsi un obiettivo precostituito, impedisce di percepire il bisogno reale della persona in difficoltà. Nel momento in cui è sopraffatto dal conflitto, il cliente spesso non vede -da solo- la soluzione.

In questa prospettiva, sono presente al cliente e disponibile a mettere gli strumenti che ho acquisito a disposizione della sua necessità e del suo bisogno di trovare una soluzione. Il cliente viene aiutato a trovare al soluzione giusta per sé e che, spesso, neppure lui conosce preventivamente oppure non sa come raggiungere.

C’è una grande differenza tra scegliere qualcosa perché lo si vuole consapevolmente e aderire ad una scelta che qualcun’altro, seppur di nostra fiducia, prende per noi o ci consiglia di prendere.

Sicuramente, almeno una volta nella vita, vi è capitato di sperimentare come ci si sente a prendere e portare a termine una decisione tutta vostra: non vi importa l’approvazione altrui, siete decisi e sentite una grande forza che viene da dentro di voi, dal vostro centro.

Questo è il modo che ho scelto per instaurare la relazione con i clienti: la relazione professionale viene impostata in modo che la professionalità dell’avvocato, da un lato, e la responsabilità di decidere del cliente, dall’altra, siano rispettate nella pari dignità: è il cliente che sceglie, l’avvocato lo aiuta.

La veste giuridica del caso, sarà solo un momento secondario e conseguentemente più semplice da affrontare.